Annali del turismo 2022

QUALE TURISMO PER IL FUTURO DI TARANTO?

QUALE TURISMO PER IL FUTURO DI TARANTO?1

 

 

Stefania Benetti2,Simone Gamba3

 

 

 

Abstract

WHICH TOURISM IN TARANTO’S FUTURE? – Taranto (Italy) is a very fragile city with one of the largest steel plants in Europe, currently facing a severe economic crisis and alarming environmental pollution. Today, the local administration and residents are trying to face a difficult and uncertain path of reconversion and territorial regeneration, also based on tourism development. The article provides qualitative evidence to identify the attractivity of the city and the current initiatives to design Taranto as a tourist destination. Then, critical aspects of touristic development are discussed, considering the infrastructural problems of the city, the uncertainty of the industrial sector, the unsustainability of cruise ship arrivals, and possible conflicts between inhabitants and tourists.

Keywords: Iron and steel, environmental pollution, economic and urban restructuring, promotion of tourism development

 

 

Introduzione

In ricordo delle lontane radici della città legate alla Magna Grecia, il delfino è da 4000 anni il simbolo di Taranto. Raffigurato anche nello stemma comunale, tuttavia, oggi nessuno lo ricorda più e la città viene immediatamete associata ai camini fumanti dell’acciaieria Ilva (RAI, 2012). Come è avvenuto questo cambiamento radicale nell’immaginario collettivo? È possibile ribaltare l’immagine così forte di una città deturpata dal settore industriale? Inoltre, è pensabile tentare di cambiare rotta attraverso uno sviluppo turistico?

Sebbene siano disponibili ricerche che evidenziano le implicazioni positive dell’industrializzazione (Pirro, 2011), negli ultimi decenni, il mondo scientifico si è concentrato sul ruolo industriale della città di Taranto per l’economia nazionale, rappresentando, da un lato, le preoccupazioni socioeconomiche per la crisi occupazionale e lo sviluppo del Mezzogiorno (Greco e Di Fabbio, 2014) e, dall’altro, le problematiche ambientali e sanitarie legate all’inquinamento industriale (Penna, 2012; Conte, 2013; De Monte, 2014). Mentre Taranto è diventata un esempio paradigmatico di modello di sviluppo insostenibile (Bricco, 2016), la più recente letteratura sul caso si è occupata della riconversione industriale e della riqualificazione territoriale (Giannì e Migliaccio, 2016), così come della rigenerazione spaziale attraverso processi partecipativi (Barca e Leonardi, 2017), delle conseguenze passate e future delle politiche nazionali e locali per il territorio (Lai et al., 2019), degli approcci di valutazione per rispondere alle criticità di una regione fragile e a bassa resilienza (Bellantuono et al., 2021), e del tentativo di tornare ad una misura d’uomo, anche rigenerando il centro storico (Macaione et al., 2018; Curci e Gheroldi, 2020; D’Ovidio, 2021). Dunque, finora, poca attenzione è stata posta al turismo come opportunità per la rigenerazione della città.

 

Seguendo l’idea di destinazione turistica come costruzione sociale di Saarinen (2004), il paesaggio materiale e simbolico ad essa collegato può essere concettualizzato attraverso un discorso veicolato dalle rappresentazioni mediatiche della destinazione e un altro dagli attori coinvolti nel suo sviluppo turistico. Il primo si riferisce all’idea immateriale di una destinazione turistica prodotta da viaggi, guide turistiche, pubblicità turistiche, Internet, film, programmi TV e media in generale. Tali rappresentazioni producono e riflettono geografie locali, attraverso un processo in cui vengono prodotti, riprodotti, stereotipati e commercializzati i significati e le rappresentazioni socio-spaziali che caratterizzano la destinazione e le sue peculiarità culturali e naturali. Il secondo, invece, riflette la natura materiale ed economica del turismo. Si manifesta, cioè, nelle pratiche e nei risultati attraverso la presenza di organizzazioni ed istituzioni per lo sviluppo, la pianificazione e il marketing del turismo e nel consumo di beni e servizi, modellando la destinazione. L’immaginario collettivo della destinazione è il prodotto di una combinazione di rappresentazioni che contribuiscono a formare la sua identità.

A tal proposito, l’obiettivo del presente contributo è quello di descrivere la possibile trasformazione di Taranto in destinazione turistica, attraverso l’analisi di fonti bibliografiche e cartografiche (libri, giornali, articoli scientifici, piani urbanistici, ecc.) provenienti da archivi pubblici, e materiale audiovisivo e fotografico (documentari, trasmissioni televisive storiche, cartoline, video musicali, ecc.) di archivi pubblici e privati. In primo luogo, esaminiamo il discorso di regione veicolato dai materiali audiovisivi, raccontando la trasformazione materiale e simbolica (Domosh, 2001) del paesaggio4 di Taranto dal XX secolo ad oggi. Inoltre, ci focalizziamo sull’immaginario emergente della città che vede una possibilità di sviluppo turistico alternativo al settore industriale. In secondo luogo, indaghiamo il discorso di sviluppo, descrivendo risorse, eventi e iniziative, ma anche opportunità e criticità di una possibile trasformazione della destinazione turistica. Dunque, utilizzando una strategia interpretativa e induttiva per comprendere il significato delle sue espressioni culturali, ossia attraverso la geografia visiva, il nostro studio contribuisce alla comprensione dei fenomeni geografici della città di Taranto.

 

2. Taranto nel XX secolo: trasformazione materiale, culturale e simbolica

A seguito dell’Unità d’Italia (1861), la città di Taranto fu sede del più importante Arsenale Militare Marittimo dell’Italia Meridionale. La sua importanza come città marittima strategica per la difesa nazionale viene enfatizzata dal Ponte Girevole, elemento ricorrente nelle rappresentazioni visive della città dagli anni ‘50 agli anni ‘70, tra cui le cartoline (Archivio Touring Club Italiano, 1960). Il ponte simboleggia Taranto come un “paesaggio tipico della città marinara del Sud” (Zavattini, 1970), “indispensabile” base navale italiana, “orgoglio” per la città stessa e per la nazione (Marina Militare, 2022). Anche negli anni successivi, quando Taranto diventerà una realtà industriale, il ponte sarà un nostalgico emblema della “vecchia immagine del grande centro marittimo” (RAI, 1980) e un’icona della Marina Militare (Marina Militare, 2015).

 

Nonostante la sua vocazione marinara, dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Arsenale fu smantellato e, negli anni ‘50, la città fu selezionata per l’insediamento del più grande complesso siderurgico d’Europa: l’Italsider. Negli anni ‘60 la zona periferica e rurale di Taranto divenne così sede di un’enorme area industriale, cambiando completamente l’immagine e l’identità della città (Marsili, 1962; Paolucci, 1962; Zavattini, 1970). L’ulivo, prodotto tipico dell’agricoltura pugliese, viene distintamente usato come icona di povertà, sonnolenza, abbandono, rassegnazione e miseria. Talvolta viene raffigurato sradicato (Archivio di Stato di Taranto, 1961) per incarnare la fine di un mondo rurale addormentato e l’inizio del progresso e del benessere nell’era dell’acciaio. E così, nell’epoca della modernizzazione, gli ulivi vengono sostituiti da “grandi alberi d’acciaio piantati su cubetti di pietra” (Paolucci, 1962). E i grandi tubi d’acciaio dell’Italsider hanno invaso le rappresentazioni dell’epoca (Archivio Storico Fondazione Fiera Milano, 1962; Archivio Nazionale Cinema Impresa, n.d.; MsDocumentari, n.d.), simboleggiando il progresso della città di Taranto, ma anche l’industrializzazione del Mezzogiorno e il fattore trainante dell’intera economia italiana.

 

L’insediamento del complesso siderurgico ha finito in pochi anni per occupare un’area più estesa della città stessa che si estende lungo la parte meridionale del golfo. La fabbrica è diventata presto il centro attorno al quale è ruotata la vita quotidiana per almeno sessanta anni, tanto da rendere difficile immaginare quanto sia difficile la trasformazione urbana, sia in termini materiali che simbolici, ovvero in grado di modificare de facto l’assetto industriale di Taranto e al contempo il suo immaginario collettivo e mediatico. Secondo i media, i documentari e i cinegiornali del Secondo dopoguerra (Istituto Luce, 1967; RAI, 1970), nonostante offrisse lavoro a residenti e non, il complesso siderurgico iniziò a plasmare la città e a modificarne i tessuti sociali ed economici e, date le sue imponenti dimensioni, divenne subito una presenza controversa e scomoda nel paesaggio urbano (Nistri, 2007; Romeo, 2019).

Le politiche nazionali attuate per lo sviluppo del Sud Italia furono orientate all’insediamento dell’industria pesante, senza un’adeguata pianificazione urbana e ignorando il loro impatto ambientale. Questo è riportato in sporadici episodi di contro-narrativa di un pioniere dell’ambientalismo (Cederna, 1972), che definì le condizioni di Taranto come una “geografia sconvolta” e sostenne che gli impianti industriali (acciaio, cemento, raffineria) sovraccaricavano l’insediamento urbano e contribuivano al degrado ambientale per gli anni a venire. Occasionalmente, la crescita congiunta dell’acciaieria e della città nel suo insieme è stata criticata negli anni ‘70 ed etichettata come “falso progresso” (RAI, 1974a; 1974b). I telegiornali delle tv nazionali e regionali (RAI, 1980; RAI 1986) proseguirono con sporadiche segnalazioni di inquinamento, rappresentative della minacciosa presenza dell’industria pesante nel paesaggio tarantino, ma l’alterazione del paesaggio come sistema ecologico rimase incontrastata e volontariamente sottovalutata, almeno fino ai primi anni ‘90.

 

3. Taranto oggi: dalla protesta alla rigenerazione urbana

All’inizio degli anni ‘90, il calo della domanda di acciaio causò la crisi dello stabilimento, portando ad una repentina riduzione della produzione a alla privatizzazione del complesso siderurgico. Inoltre, alla fine dello stesso decennio, si iniziarono a diffondere gli studi sull’inquinamento e i danni alla salute correlati alla diossina. Le spinose questioni ambientali di Taranto fecero scalpore a livello nazionale, soprattutto per gli scandali legali e per il dilemma salute-lavoro nel discorso pubblico, grazie anche alla diffusione di documentari (Paolini, 2008; Pisanelli, 2014) e della musica. In particolare, artisti locali che cantano in dialetto (Fido Guido, 2006; Kendan & GND, 2015; Terraross, 2016) e anche cantanti più famosi (Caparezza, 2011; LadyCatFree e Clementino, 2011) enfatizzano l’aria avvelenata e la diossina rossa nel cielo, la polvere e le nuvole di fumo che diffondono morte nella città.

L’inquinamento ambientale ha trasformato i caratteri sia materiali che simbolici del paesaggio tarantino, facendo emergere così un nuovo rapporto tra paesaggio e società. In particolare, i camini fumanti dell’acciaieria, di colore azzurro e con strisce orizzontali rosse e bianche, si sono trasformati in potenti elementi delle lotte ambientaliste. Nei programmi informativi televisivi locali (RAI, 1980; 1986), nei video di attivisti (Matacchiera, 2012; Legamjonici, 2013), nei documentari (Ondeggia, 2010; Caminada, 2021) e nei media in generale, i camini blu fumanti simboleggiano Taranto come un ritratto di inquinamento e morte. Le ciminiere si trasformano, dunque, trombe squillanti (Legamjonici & Anonimafolk, 2014), lunghi nasi di politici bugiardi (Abruzzese, 2011), mostri da combattere (Marescotti, 2010) e icone di protesta (D’Ovidio, 2016).

 

La forte dipendenza dal settore industriale ha reso così Taranto una città molto fragile (Greco e Di Fabbio, 2014). Negli ultimi anni, la città ha affrontato una grave crisi economica, con alti livelli di inquinamento, un allarmante tasso di disoccupazione e un calo demografico. Attualmente, nel complesso siderurgico sono attive solo due fornaci su quattro e l’inquinamento è contenuto rispetto al passato. Oltre a questo va considerato il tentivo di invertire la rotta verso una maggiore sostenibilità della città attraverso Beleolico. Primo parco eolico in Italia, completato quest’anno al largo della spiaggia del Lido Azzurro e del porto di Taranto, assume spesso toni più positivi che negativi sui media. Nonostante i ritardi e le critiche iniziali (RAI, 2021a; RAI, 2022), il parco viene promosso dai media locali e nazionali come esempio di successo della transizione energetica, contrariamente a quanto avviene per i parchi eolici installati nelle regioni appenniniche, spesso oggetto di protesta. Anche un’importante organizzazione ambientalista esprime un parere favorevole, ritenendo che l’installazione di turbine eoliche in mare abbia un impatto minore sul paesaggio rispetto a quelle sulla terraferma (Legambiente, 2015).

 

A dispetto di tutte le problematiche sopraelencate, in particolare nel centro storico, sono rilevabili segni di rivitalizzazione di un processo di rigenerazione urbana (D’Ovidio, 2021), basato sulla cultura e incentrata sulle persone (Nigro, 2017). I progetti basati sulla comunità, del resto, sono comunemente visti come iniziative che soddisfano i bisogni locali e i risultati sociali positivi (McArthur, 1993). La rigenerazione urbana non solo previene il crollo degli edifici, ma contrasta anche il degrado sociale. Infatti, il processo di place-making attraverso la resistenza dal basso di Taranto coinvolge diversi attori come l’associazione culturale Domus Armenorum, lo spazio di co-working Ulmo, lo studio di design Bordo e il team di artigiani Ammostro e Officina Mare Mosso nel restauro di vecchie barche a vela in legno (D’Ovidio, 2021). Tali iniziative contribuiscono a creare le condizioni per lo sviluppo di turismo che potrebbe ulteriormente aggiungere valore al processo di rigenerazione urbana, in un quadro di sostenibilità se organizzato attraverso un sistema di governance territoriale piuttosto che secondo il modello centralizzato top-down applicato per decenni dalla politica nazionale. In altre parole, anche se solo da parte di un piccolo gruppo di portatori di interesse, si assiste allo sforzo collettivo di progettare Taranto come destinazione turistica facendo leva sulla sinergia tra risorse già presenti in loco ed eventi. Il turismo può essere visto, in tale prospettiva, come un’ulteriore opportunità per la rigenerazione della città.

 

4. Turismo: una chimera?

Per lungo tempo, il turismo della Regione Puglia ha avuto un ruolo marginale, con un recente sviluppo pittosto disordinato e non pianificato (Gattullo e Palma, 2019). Ancora di più il caso di Taranto, sempre ingabbiata ad un immagine turisticamente poco attrattiva e strettamente legata all’acciaieria, all’inquinamento e alla morte.

La vocazione turistica della città, in realtà, non è un fenomeno nuovo. Negli anni ‘70, i tarantini scoprivano il mare “trasparente” come “riposo, salute e gioia di vivere” e, sul litorale jonico, l’estate era “piena e felice” (Zavattini, 1970). Come riportato dal documentario appena citato, il Golfo si offriva al turismo di massa e a quello qualificato, con un elevato aumento degli alberghi e delle presenze. Vecchi telegiornali locali (RAI, 1985; 1992) parlavano del turismo balneare nella parte orientale della provincia, più a sud della zona industriale, lì dove ‘il mare non è inquinato’. Nel 1985, le presenze turistiche continuavano a crescere, a differenza del 1992, che registrava un saldo negativo. Il turismo era prevalentemente pugliese, con poche presenze estere e, in entrambi gli anni, si evidenziavano alcune criticità, tra cui le cattive condizioni igieniche sulle spiagge, l’inadeguatezza del servizio di raccolta dei rifiuti, il traffico caotico e il frastuono delle discoteche. I titolari delle attività lamentavano una scarsa organizzazione e programmazione da parte degli enti pubblici, ma soprattutto “la mancanza di volontà politica di riscattare e rilanciare l’immagine del territorio”.

Negli ultimi 10 anni, i telegiornali nazionali e regionali (RAI 2017a, RAI 2020b) tentanto di contribuire a ribaltare l’immagine della città da cupo insediamento industriale a destinazione attraente, riportando eventi e iniziative locali, non solo legate alla risorsa mare. In questa contro-narrazione emergente, il discorso a sostegno di una nuova vocazione turistica poggia su una struttura duplice. Da un lato, l’identificazione di risorse naturali e culturali in grado di generare nuovi flussi di turismo culturale (Centro storico, Museo Archeologico), rurale (Masserie e fattorie didattiche) e, ovviamente, balneare (le spiagge del litorale e l’isola di San Pietro). Dall’altro, un re-branding del luogo, realizzabile attraverso la promozione di nuove attrazioni, l’ideazione e attuazione di iniziative finalizzate a migliorare l’attrattività della destinazione (come regate di vela), la promozione di azioni per il recupero e la valorizzazione degli immobili (Case a un euro, ex-zone militari), la creazione di un ecomuseo e, infine, lo sviluppo di progetti marini come i tour di avvistamento dei delfini in mare aperto.

 

Nonostante l’ombra dell’industria sia sempre all’orizzonte e fa fatica ad uscire dall’immaginario collettivo (Viaggi del Degrado, 2022), il discorso televisivo viene rafforzato anche dai social media sui quali si moltiplicano i post che ritraggono Taranto come una valida destinazione. In spot di attivisti (Legamjonici, 2014), clip promozionali di travel blogger e associazioni (Made in Taranto, 2018; Ecosistema Taranto, 2020; TRMh24, 2021), ma anche video privati (Matacchiera, 2018; 2021; Simonetti 2019), si viene ad evidenziare il potenziale di Taranto come risorsa turistica e come alternativa all’industria.

 

5. Risorse, eventi e iniziative

L’elemento centrale della narrazione mediatica sul turismo di Taranto è la presenza di insenature con spiagge di sabbia bianca e un mare di acqua cristallina. L’enfasi cade spesso sul ruolo svolto dalle baie a una decina di chilometri dal centro cittadino, poiché corrispondono, nei loro tratti iconici, all’immaginario di destinazione marittima in grado di attirare l’attenzione dei vacanzieri estivi (RAI, 2017a).

Oltre al mare, la città vecchia di Taranto ricopre una posizione di primo piano nel discorso attorno alla valorizzazione turistica della città. Sull’isola si trovano infatti il Castello Aragonese e, poco distante, il Museo archeologico, che offre i reperti della Magna Grecia di cui Taranto era uno dei principali centri (RAI, 2020b). Infatti, sono proprio gli immobili abbandonati o deturpati nel borgo antico a rientrare nel progetto di vendita di “Case a un euro” (RAI, 2020a; 2020b; CNN, 2020).

 

La sensibilizzazione mediatica a favore dello sviluppo turistico non si nota solo nella promozione del patrimonio culturale a disposizione, ma anche nello slancio proattivo che si evince dalla moltiplicazione di eventi e iniziative che fino a pochi anni prima non era presente.

In prima istanza il turismo croceristico: la maggior parte dei nuovi turisti sbarca dalle navi da crociera che prevedono Taranto come tappa sul loro tragitto. “Per Taranto l’arrivo dei crocieristi è una nuova occasione di rilancio del turismo, inteso come vettore di sviluppo sostenibile, lontano dai modelli del passato. […] Per la città è un momento importante di ripartenza ‘buona’ poiché si fonda su valori, progettualità e buona economia, un’economia alternativa, un modello di sviluppo sostenibile che la città sta rincorrendo da tanto tempo, anche prima della pandemia.” (RAI, 2019; 2021b; 2021c).

In secondo luogo, l’osservazione guidata di delfini al largo della costa organizzata dalla Jonian Dolphin Conservation, un’organizzazione scientifica che conduce ricerche sui cetacei nel Golfo di Taranto, nell’area settentrionale del Mar Ionio (RAI, 2012). Qui, viene sottolineato come la storica emergenza ambientale abbia rafforzato la consapevolezza dell’impegno sociale scientifico volto alla tutela del mare. Infine, vengono citati progetti che riguardano anche la valorizzazione delle aree interne, come i percorsi escursionistici interregionali da turismo lento intesi per creare una sinergia tra Matera, capitale della Cultura 2019 e Taranto (RAI, 2021d).

In terzo luogo, gli eventi e i premi internazionali, tra cui: le gare di vela, grazie alla scelta del Mar Grande come sede di una delle più importante manifestazioni internazionali del settore, la Sail GP (RAI, 2021c; 2021e); il Seatrade Cruise Award 2022, premio attribuito al porto di Taranto come destinazione dell’anno, considerando anche la sostenibilità ambientale (TRMh24, 2022a); e i Giochi del Mediterrano, che nel 2026 si svolgeranno proprio a Taranto (TRMh24, 2022b).

 

6. Opportunità e criticità

I temi emergenti nei media mostrano le tendenze e le energie della riconversione e della rigenerazione urbana, che probabilmente influenzeranno la valorizzazione del paesaggio, le conoscenze dei luoghi e i comportamenti pro-ambientali. In questo processo rigenerativo, svolgono un ruolo di primo piano le giovani generazioni, grazie alla loro dimestichezza con l’uso delle nuove tecnologie. Dal canto loro, le amministrazioni locali sembrano propense ad una diversificazione del tessuto socioeconomico tarantino, pronte a cogliere le opportunità che consentano di svoltare rispetto ad un passato industriale dominato dalla presenza dell’acciaieria. Diversi attori sembrano mostrare un approccio verso l’azione collettiva che, se stabilizzato nel lungo periodo, potrebbe invertire la tendenza all’inazione e alla polemica mediatica verso risposte concrete alla crisi ambientale di Taranto, sviluppando reti su diverse scale, da quella locale a quella internazionale.

 

Ciò detto, una politica di sviluppo turistico dell’area urbana tarantina e delle coste limitrofe presenta anche diverse criticità. La questione principale è certamente l’incertezza relativa al destino dell’acciaieria. L’attuale società Acciaierie d’Italia sembra orientata a perseguire obiettivi di ambientalizzazione e dunque ad una ripresa a pieno regime del funzionamento degli impianti, nel tentativo di limitare l’inquinamento. Significa, in altre parole, che la fabbrica continuerà ad appartenere al destino della città di Taranto e del paese, con la sua crescente necessità di lavorati.

Per quanto riguarda il progetto di “Case a 1 euro”, è necessario sottolineare la porosità del settore edilizio a infiltrazioni criminali. L’industria delle costruzioni, non solo in Italia, utilizza spesso sussidi governativi che sono molto spesso intercettati e utilizzati illegalmente o perlomeno impropriamente.

 

Un altro problema da sottolineare è l’assenza di un dibattito attorno alle infrastrutture necessarie ad uno sviluppo turistico della città. Un piano sostenibile e favorevole ad un turismo lento, dovrebbe considerare l’impatto ambientale dei vari mezzi di trasporto. In tal senso potrebbe non costituire un problema la mancanza di un aeroporto low-cost (il più vicino è quello di Brindisi), mentre da questo punto di vista andrebbe trattato il discorso sull’opportunità di un collegamento ferroviario ad alta velocità. L’idea di incrementare includere la città come destinazione di vacanze crocieristiche può essere giustificata in una prima fase di sviluppo e di consolidamento (Butler, 2006). Tuttavia, come è accaduto a Venezia, Amsterdam, Barcellona e Bergen, gli arrivi delle navi da crociera e lo sbarco di escursionisti si combinano con le presenze turistiche, portando al superamento della capacità di carico della destinazione. Si rischia, in altre parole, il verificarsi del fenomeno di overcrowding localizzato nei periodi degli sbarchi, con potenziali attriti tra gli abitanti e i turisti. Lo stesso discorso vale per l’utilizzo delle spiagge a pochi chilometri dal centro storico (Leporano Marina, Marina di Pulsano, Marina di Lizzano), spazi generalmente fruiti dalla popolazione locale. L’acqua cristallina delle baie tipiche del Salento e i prezzi competitivi rispetto alle località più frequentate connotano la destinazione come il “Salento Tranquillo” (RAI, 2017b), ideale per coloro che desiderino evitare la movida estiva che contraddistingue invece località come Gallipoli.

 

Un ultimo aspetto, infine, tipico di una nuova località turistica, ma che non costituisce un ostacolo insormontabile, è la mancanza di una predisposizione all’accoglienza propria di una realtà sociale e culturale abituata all’impiego industriale o impiegatizio presso il settore pubblico o l’industria pesante.

 

7. Conclusioni

Il processo di identità e trasformazione di una destinazione contiene anche caratteristiche del presente, tracce del passato e segni di futuri cambiamenti della destinazione (Saarinen, 2004). Negli ultimi 10 anni, varie contro-narrazioni dal basso hanno offerto una nuova visione positiva della città di Taranto, lontana dal solito immaginario (Figura 1). Difatti, i movimenti dal basso puntano a cambiare paradigma, facendo tesoro del grande passato della città per un suo futuro prossimo più sostenibile (RAI, 2021f). I camini si spengono e il mare diventa un elemento ricorrente in queste nuove rappresentazioni. Il mare è vita, rinascita, speranza, futuro e libertà perché Taranto, in fondo, “è la città del mare, non quella dei Simpson” (Kendan & GND, 2015).

Figura 1: “Tra storia e turismo, il futuro dei nostri figli” , illustrazione di Zaza Leonardo in occasione della manifestazione “La domenica dei tarantini” organizzata da Ass. Genitori tarantini, Ass. PeaceLink, Comitato Donne e Futuro per Taranto libera, Comitato Quartiere Tamburi, LiberiAmo Taranto, Lovely Taranto, Taranto Lider Cittadine e cittadini.. Fonte: Blunote, 2021.

Tuttavia, il recente delinearsi di un paesaggio dell’energia (Ghosn, 2009, Nadaï e Van Der Horst, 2010; Castiglioni e Ferrario, 2015), unitamente a quello già presente dell’acciaieria induce a pensare che le politiche di sviluppo basate sul turismo non possano prescindere dalle relazioni con il contesto industriale del territorio tarantino. Del resto, alcuni importanti città italiane, note per il loro patrimonio culturale e l’indotto convivono da decenni con imponenti insediamenti industriali e si confrontano con tutte le problematiche che ne conseguono. Solo per fare alcuni esempi, citiamo qui Venezia e Porto Marghera, Mantova e le sue raffinerie, Siracusa e il vicino polo petrolchimico, oppure il bicarbonato e le spiagge bianche di Rosignano.

Pertanto, è verosimile attendersi che il turismo a Taranto si configurerà come opportunità di integrazione e diversificazione del tessuto socioeconomico locale, piuttosto che come un’alternativa alle attività industriali, ovvero capace di ridimensionare il peso esercitato dal complesso acciaieristico sulla città.

 

 

 

Riferimenti

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Le attività di ricerca che hanno portato al presente contributo sono state svolte nell’ambito del progetto PRIN “Greening the Visual: An Environmental Atlas of Italian Landscapes”, num. prot. 2017 BMTRLC. Approfondimento disponibile al link https://greenatlas.cloud/taranto-la-citta-dei-due-mari/. I paragrafi 1, 2 e 4 sono da attribuirsi a Stefania Benetti, i paragrafi 3, 5 e 6 a Simone Gamba e il paragrafo 7 ad entrambi.

Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università di Milano-Bicocca, E-mail: stefania.benetti@unimib.it

Dipartimento di Studi Umanistici, Università IULM, E-mail: simone.gamba@iulm.it

Il paesaggio, concetto centrale in geografia, non è un oggetto universale, ma dipende dal modo in cui una società vede e rappresenta sé stessa (Berque, 2000). Si riferisce sia alla cosa stessa che alla sua descrizione e rappresentazione; il termine richiama quindi sia una porzione di territorio che la sua immagine e immaginario (Humboldt, 1871; Farinelli, 1991; Minca, 2007). Poiché la parola esprime due significati diversi, riflettiamo sia in termini di paesaggio materiale (porzione di territorio) che immateriale (immagine e immaginario).

15 May 2023

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Stefania Benetti Simone Gamba Benetti: Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università di Milano-Bicocca, E-mail: stefania.benetti@unimib.it Gamba: Dipartimento di Studi Umanistici, Università IULM, E-mail: simone.gamba@iulm.it