Annali del turismo 2022

IL TURISMO ATTRAVERSO LO SGUARDO DEL TURISTA. I FILM DI FAMIGLIA E LA VACANZA NEGLI ANNI DEL “BOOM” ECONOMICO

IL TURISMO ATTRAVERSO LO SGUARDO DEL TURISTA.
I FILM DI FAMIGLIA E LA VACANZA NEGLI ANNI DEL “BOOM” ECONOMICO

 

 

Pietro Agnoletto*

 

 

 

Abstract

 

TOURISM FROM THE TOURIST’S EYES. HOME MOVIES AND THE HOLIDAYS DURING THE ITALIAN ECONOMIC “BOOM”The touristic phenomenon which interested Liguria Region during the Second Post-War radically changed the urban aspect of involved localities, with an almost uncontrolled building development tied to the growing need of “second houses”. From this context it is very useful to understand how tourists perceived mass tourism and how they represented the suffocating concrete sea surrounding them. Amateur cinema could represent an innovative way to look at this past phenomenon since it gives the possibilities to directly look at how the tourist practice was perceived by the tourists themselves. Following this purpose, I will analyze the home movies archived at the National Enterprise Cinema Archive in Ivrea.

Keywords: Amateur cinema, home movies, tourist perception, tourist practice , Liguria, mass tourism

1. Introduzione1

Prima degli smartphone, in un passato recente, era comune per le famiglie italiane acquistare piccole cineprese per filmare la loro vita quotidiana, gli eventi, le vacanze o la città che abitavano. Questo fenomeno, nato all’inizio del secolo scorso, dal secondo Dopoguerra si diffonde tra le fasce della classe media italiana, divenendo di massa tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta del Novecento (Simoni, 2016). Questo enorme patrimonio visuale che racconta non solo la storia personale di singole famiglie, ma anche quella collettiva degli italiani stessi, è rimasto per anni disperso negli archivi domestici degli autori. Recentemente, è stato riscoperto e valorizzato da archivi pubblici e privati; i quali, per mezzo di campagne di digitalizzazione tutt’ora attive, li hanno resi maggiormente fruibili a un vasto pubblico di appassionati, studiosi e registi.

In ambito accademico, dalla fine degli anni Novanta, si è sviluppato un interesse crescente per il patrimonio filmico amatoriale (Motrescu-Mayes, Aasman, 2019, pg. 9).2 Particolarmente rilevanti sono le ricerche tra cinema amatoriale e città, assimilabili alla cinematic urban archaeology. Les Roberts (2012a; 2012b), applicando la tecnologia GIS ai film studies, ha utilizzato il cinema amatoriale come strumento essenziale per comprendere i tratti identitari e culturali di Liverpool, realizzandone una mappatura3. In Italia, Paolo Simoni (2018) ha similmente lavorato sulla città, Bologna in questo caso, prendendo in esame i fondi archiviati presso l'associazione Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia.

Una tipologia di film di famiglia che è stata profondamente sottovalutata dalla ricerca accademica è quella dei film delle vacanze (Locatelli, 2005), ossia quei film amatoriali dedicati al momento del fare turistico, atti a divenirne una memoria da essere fruita con amici e parenti attraverso proiezioni domestiche. Spesso essi si soffermano selettivamente sui membri della famiglia, celebrandone i momenti di unione (Motrescu-Mayes, Aasman, 2019, pg. 25). Altre volte, invece, la macchina da presa si sposta sul paesaggio con inquadrature volte a ricercare un effetto “cartolina”.

Questo contributo vuole inserirsi sul dibattito inerente alle possibili metodologie di indagine sui film di famiglia, suggerendo come i film delle vacanze possano rivelarsi utili fonti primarie visuali per la geografia storica del turismo grazie agli strumenti della cinematic urban archaelogy. Fonti che potrebbero ampliare la nostra conoscenza sul fenomeno turistico del Novecento con nuove immagini inedite. Esse potrebbero svelare trasformazioni nella pratica turistica o nel territorio delle mete di villeggiatura, con un impatto maggiore rispetto al testo scritto. Oppure, potrebbero permettere allo sguardo e alla sensibilità del turista stesso di emergere durante il momento della vacanza, tramite l’analisi di cosa egli filma, di come lo filma e l’ipotesi del perché lo filma.

Nella prima parte del contributo, ci si soffermerà sulle scelte metodologiche intraprese durante il lavoro di ricerca, ancora molto sperimentale e affine a uno “scavo” vero e proprio (Simoni, 2018), condividendo gli strumenti e le modalità con cui si è cercato di leggere i film delle vacanze attraverso la lente della geografia storica del turismo. Essi, infatti, presentano diverse complessità a livello tecnico, catalografico, formale e testuale, e si andrà quindi ad evidenziare le criticità di questa analisi, condividendo le strategie utilizzate. Nella seconda parte, invece, verrà presentato lo studio di caso della Liguria attraverso lo sguardo di un turista, per meglio esporre un possibile risultato di questo metodo di indagine.

La scelta del territorio ligure è dovuta alla numerosa quantità di materiale audiovisivo amatoriale conservato presso la Cineteca Nazionale – Archivio Nazionale Cinema Impresa (CIAN) dedicato alle vacanze in regione. Il focus della ricerca non è rivolto alla pratica turistica in generale, che altresì meriterebbe un approfondimento attraverso la lente dei film di famiglia (Locatelli, 2005), bensì sui cambiamenti nel tessuto urbano delle località turistiche liguri durante gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento4.

Una delle cause principali di questo fenomeno è stato lo scellerato e incontrollato sviluppo edilizio provocato dal crescente fabbisogno di “seconde case” proveniente dal turismo di massa nella regione. Come scrive Zanini (2012, pg. 11), “il boom della vacanza al mare nel Secondo dopoguerra ha infatti travolto e stravolto tutta – o quasi – la Riviera e ha concorso a delineare una visione appiattita del prodotto turistico ligure, identificato nello stereotipo ‘seconda casa, sdraio e ombrellone’”.

L’obiettivo è quello di osservare il turismo nel suo atto trasformativo dell’ambiente, del territorio e del paesaggio, attraverso lo sguardo dei turisti stessi (Urry, 2011). Le immagini prodotte dai turisti divengono quindi testimonianze non solo del fenomeno della cementificazione, ma anche di come essi si ponevano di fronte ad esso. Difatti, come affermano dell’Agnese e Bagnoli (2004), studiare la geografia storica del turismo significa innanzitutto cercare di capire come si è formata e modificata l'immagine di un dato luogo nel corso della storia, come questa stessa "immagine turistica" abbia poi segnato le fortune (e sfortune) di quel luogo come destinazione turistica.

 

2. Il cinema amatoriale come possibile fonte per lo studio della Geografia storica del turismo

 

2.1. I film di famiglia

 

Storicamente, il cinema amatoriale può essere situato tra due estremità: gli anni Venti, in cui i primi formati di pellicole dedicate a un mercato non professionale (16mm Kodak e 9,5mm Pathé Baby) hanno iniziato ad essere distribuiti nel mercato italiano, e gli anni Ottanta in cui il nastro magnetico (DVCam) ha sostituito il Super8, il formato più popolare ed economico alla fine degli anni Settanta (Simoni, 2018). Durante la prima metà del Novecento, il costo di camere e pellicole era tale da circoscrivere questa pratica a quellalta borghesia che se ne poteva economicamente permettere l’acquisto. Durante il Secondo dopoguerra, invece, le innovazioni tecnologiche e la maggiore distribuzione di pellicole e camere meno costose (come gli 8mm), hanno permesso a un pubblico crescente di appassionati di avvicinarsi alla pratica filmica anche grazie allinfluenza dei nascenti cineforum e festival dedicati al cinema amatoriale. A partire dagli anni Sessanta, i film di famiglia diventano un fenomeno di massa grazie allintroduzione del Super8, formato economicamente accessibile ai più, e di camere estremamente semplici da utilizzare (Simoni, 2013). Di conseguenza, vi sono diversi parallelismi tra l’evoluzione della pratica filmica amatoriale e di quella turistica: nel primo Novecento le élite che possedevano i mezzi per fare turismo erano le stesse che potevano accedere ai costi di camere e pellicole, mentre dal secondo Dopoguerra si assiste a una democratizzazione sia del fare turistico, sia delle rappresentazioni filmiche amatoriali.

I contenuti dei film di famiglia sono gli eventi del vissuto quotidiano meritevoli di essere filmati e, quindi, ricordati dal cineamatore. Il cineamatore filma ciò che ama e i suoi interessi; esprime la sua soggettività catturando la realtà che lo circonda (Cati, 2009). Prevalentemente si tratta di celebrazioni familiari, come compleanni e matrimoni, oppure di eventi significativi per la comunità di appartenenza, come parate o fiere locali. Molto comuni sono anche le riprese di viaggi e vacanze, oppure di momenti di unione familiare.

La loro struttura filmica, però, si discosta notevolmente dal cinema narrativo e documentario. In primo luogo, poiché essi hanno una forma aperta, non-strutturata e, soprattutto, non-narrativa (Odin, 1996). Un film di famiglia è spesso privo di alcun tipo di narrazione e consiste di una successione di brevi sequenze prive di rapporti logici tra loro. Anche all’interno delle singole sequenze si assiste spesso a montaggi discontinui senza alcun tipo di costruzione filmica. Un esempio di film di vacanze può essere: inquadratura di bambini che giocano in spiaggia con la sabbia, gli stessi bambini che fanno il bagno, la madre che saluta in camera, la famiglia che mangia il gelato al ristorante dell’hotel in cui risiedono.

Di conseguenza, essi risultano più simili all’album fotografico di ricordi rispetto al cinema tradizionale. Nella fruizione i due media convergono similmente, poiché la visione di entrambi si trasformava in rituali coesivi familiari atti a celebrare i momenti di unione della famiglia (Rose, 2011). Durante questi momenti, i film, muti poiché fino all’arrivo del Super8 le pellicole non permettevano la presenza di colonne sonore, venivano descritti e commentati a voce, ricreando virtualmente l’esperienza del viaggio, con processo affine al turismo cinematico introdotto da Rodanthi Tzanelli (2007).

Oggi, questi materiali visuali arrivano a noi come testi filmici inevitabilmente incompleti. Del rituale familiare rimangono solo le sequenze mute, senza le descrizioni e i commenti orali dei membri della famiglia alle quali davano senso e un contesto. Nel caso di cineamatori defunti non vi è la possibilità di ricostruire il senso originale del film attraverso interviste mirate. Di conseguenza, i film di famiglia conservati negli archivi pubblici hanno perso il loro senso originale e sta al lavoro di ricerca di archivisti o accademici la loro ri-contestualizzazione, nonché l’analisi e la lettura all’interno di cornici teoriche di riferimento.

Ma cosa possono raccontarci i film di famiglia? Come afferma Simoni (2018) essi ci permettono di investigare e comprendere gli usi e i costumi, le relazioni e i costrutti sociali, gli elementi architettonici e urbanistici, gli spazi urbani e i paesaggi di un determinato periodo storico. In essi non vi è un set cinematografico, una troupe, non vi è una rappresentazione rivolta verso un pubblico “altro”, se non pochi familiari e amici. Pertanto, essi sono immersi nella Storia, tutto quello che accade e viene impresso nella pellicola è la realtà del quotidiano (Simoni, 2013). I film di famiglia ci danno quindi la possibilità di osservare eventi storici attraverso sguardi informali e diffusi (ad esempio, una parata fascista osservata dal suo pubblico), di fare lavori comparativi con le narrazioni più istituzionali (ad esempio, la stessa parata rappresentata e raccontata dall’Istituto Luce), oppure di soffermarsi sulle auto-rappresentazioni della quotidianità (ad esempio, come una famiglia ebrea ha raccontato la propria quotidianità durante l’ascesa nazista, efficacemente ricostruito in The Maelstrom – A Family Chronicle da Péter Forgács).

Il possibile dibattito che questo contributo intende incoraggiare è il voler comprendere se e quanto questi audiovisivi così immersi nella realtà del quotidiano possano rivelarsi utili risorse per la geografia storica del turismo. In particolare, come i film delle vacanze prodotti nel Novecento, risultato libero e spontaneo di un uso turistico del territorio, possano divenire un’ulteriore testimonianza visuale dei modi e delle mode turistiche degli italiani, nonché delle rapide trasformazioni territoriali avvenute durante il secondo Dopoguerra.

 

2.2. Una lettura turistica dei film di famiglia

 

L’evoluzione storica della pratica cineamatoriale ha permesso di avere rari e preziosi documenti visuali risalenti al turismo elitario di inizio Novecento, mentre dal secondo Dopoguerra si assiste a un aumento esponenziale dei film delle vacanze con un picco durante gli anni Sessanta e Settanta. Questi decenni coincidono con la fase storica turistica del “volontarismo”, dove il turismo di massa è fiorito con l’urbanizzazione della costa e delle montagne, la costruzione di strutture turistiche complesse, e la diffusione dell’automobile (Ruocco, 1999).

Si possono adottare due approcci all’analisi dei film di famiglia. Il primo, che possiamo chiamare verticale, è lo studio approfondito di un fondo, ossia di tutti i film realizzati da un singolo cineamatore. Oltre alle informazioni più superficiali sull’autore del fondo, come la professione, il luogo di residenza, o l’età, si andrà ad approfondire la storia personale dei vari membri della famiglia, nonché le caratteristiche estetiche, stilistiche e tecniche della sua produzione filmica. Questo approccio permette di esplorare come una famiglia di italiani con specifiche caratteristiche scelte dal ricercatore (professione, luogo d’origine, rilevanza storica, o altro ancora) abbia raccontato il proprio fare turistico e raffigurato il proprio immaginario di vacanza.

Come afferma Crang (2013), la percezione del mondo può essere più “reale” e vera delle esperienze stesse. Quindi, nei processi di trasformazione del mondo e delle nostre esperienze, le immagini prodotte cambiano di conseguenza. L’analisi dei film di vacanza presenti in un singolo fondo e di come essi si siano evoluti nel corso dei decenni può quindi rivelare nuove informazioni sull’evoluzione dell’esperienza turistica durante quegli anni. Soffermandosi su cosa e come viene ripreso, su ciò che rimaneva escluso dallo spazio diegetico5, sulla scelta delle località di villeggiatura, sui modi e i costumi del fare turistico, si farà emergere un immaginario turistico rappresentato dal basso.

Il secondo approccio, che possiamo chiamare orizzontale, non si sofferma più su un singolo fondo, ma su un’area geografica e su una cornice temporale con un lavoro trasversale su più fondi. In questo caso, si possono studiare sguardi diffusi verso una stessa esperienza turistica, come ad esempio, può essere la vacanza in Romagna durante gli anni Sessanta, espresso dai numerosi turisti di varie estrazioni sociali e provenienze geografiche. Questi film, che singolarmente raccontano un approccio personale e intimo, nel loro insieme rivelano una storia collettiva, un immaginario condiviso di ciò che dovrebbe essere raffigurato durante la pratica turistica e di ciò che dovrebbe esserne ricordato. Inoltre, ci si può soffermare sul paesaggio, sia quando inquadrato intenzionalmente, sia quando presente sullo sfondo. Con un numero sufficiente di film girati nella stessa località in periodi storici diversi, possono emergere le trasformazioni territoriali e urbanistiche di quelle aree, così come erano percepite dalla prospettiva dei turisti.

Di conseguenza, i film di famiglia sono testi polisemici. Le informazioni che essi contengono si possono ricavare inserendoli in diversi contesti (come parte di una vicenda familiare o come parte di una storia collettiva) e analizzando i vari livelli che compongono l’inquadratura. Questo poiché la percezione del mondo è spaziale nel modo in cui gli oggetti di interesse sono definiti come un primo piano che si staglia contro uno sfondo, e in relazione al nostro punto di vista (Crang, 2013). Da un singolo fotogramma possono quindi emergere elementi architettonici, infrastrutture urbane, o pratiche turistiche, che dovranno poi essere rapportati allo sguardo del cineturista che ha scelto di evidenziarli, porli sullo sfondo, o nasconderli. Questi elementi, in un’analisi orizzontale, possono rivelare l’evoluzione di paesaggi o di pratiche sociali nel corso di anni o decenni.

 

3. Dall’archivio privato a pubblico, riflessioni e approcci

 

Vitali (2007) afferma che durante il Novecento l’alfabetizzazione di massa e la diffusione di tecnologie economiche per registrare, memorizzare e riprodurre suoni ed immagini hanno reso possibile a chiunque di assemblare un archivio privato. Oggi questi audiovisivi acquisiscono nuovi sensi come fonti primarie visuali del periodo storico che li ha prodotti, più veritieri persino delle testimonianze testuali, anche se spesso sottovalutati in ambito accademico (Motrescu-Mayes, Aasman, 2019). Le campagne di raccolta dei film di famiglia privati diventano quindi un importante risorsa nella creazione di una rete di archivi pubblici maggiormente accessibili.

Questo passaggio da archivio privato a pubblico comporta, però, l’inevitabile perdita del significato originale per cui erano stati girati, della loro complessità e del contesto (Sekula, 1986). Sta quindi agli archivisti il compito di ri-contestualizzare questi materiali tramite interviste ai proprietari del fondo, trascrizioni di ogni informazione utile a dare maggior senso alle immagini, e ri-mediazione dei film tramite il processo di digitalizzazione (Simoni, Torri, 2011).

In Italia, le associazioni e gli archivi che si occupano di film amatoriali sono numerosi e diffusi in tutto il territorio. Spesso possiedono fondi appartenenti ai membri delle comunità locali. Il maggiore ha sede a Bologna, “Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia”, ma circa ogni regione possiede uno o più archivi o associazioni. Alcuni esempi sono Cinescatti di Bergamo, Superottimisti di Torino, Ri-prese di Venezia, l’Archivio storico del 900 Trentino, o la Cineteca Sarda. Il vantaggio di archivi così legati al territorio è quello di poter investigare le abitudini turistiche di una comunità locale ristretta, esplorandone mode e pratiche.

L’assenza di un modello unico e nazionale di catalogazione (Fiorini, 2020) ha portato ogni archivista a sviluppare una propria metodologia. Di conseguenza, l’accesso al materiale audiovisivo varia in base all’archivio. Alcuni di essi, in risposta alle necessità del ricercatore, redigono una lista di film da visionare in archivio, altri, privi di sede e impossibilitati ad accogliere soggetti esterni, realizzano una ricerca preliminare così dà condividere un numero circoscritto di film digitalizzati consultabili in modalità di streaming online.

In questa fase, si può incorrere in tre problematiche. Innanzitutto, le informazioni su un fondo o su un singolo film variano significativamente in base al cineamatore. Alcuni fondi presentano informazioni rilevanti nel diegetico, sotto forma di didascalie; altri cineamatori, invece, hanno catalogato nel dettaglio le pellicole realizzate, in alcuni casi scrivendo le informazioni sui contenitori delle bobine; infine, l’assenza di didascalie nel testo filmico o di elementi forniti dall’autore consegnano un insieme di immagini prive di alcun riferimento.

Per mancanza di fondi, personale e tempo, non tutti gli archivi hanno realizzato un lavoro di interviste ai possessori del fondo o di analisi dei contenuti dei singoli film. Di conseguenza, molte lacune rimangono irrisolte e molti film vengono catalogati senza tutte le informazioni che effettivamente contengono. Un ultimo fattore è l’errore umano attribuibile alla memoria di chi deposita il fondo o all’attenzione di chi lo cataloga: si potranno trovare toponimi sbagliati o non segnalati, come anche date non del tutto corrette. Sta al ricercatore il lavoro di doppio controllo per una maggiore sicurezza sull’attendibilità della fonte visuale.

Oltre alla conoscenza geografica come principale aiuto nell’individuare e riconoscere gli iconemi distintivi di un particolare luogo e paesaggio (Turri, 1998), un ricercatore può affidarsi ai software Geographic Information System, GIS, per verificare l’attendibilità di una fonte visuale (Simoni, 2018).

 

4. Il turismo dagli occhi dei turisti

 

4.1. I cineturisti in Liguria

 

Per lo studio di caso della Liguria è stato preso in analisi il materiale conservato presso l’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa ad Ivrea è stata effettuata una ricerca trasversale su diversi fondi. La selezione iniziale è stata realizzata da Ilaria Magni ed Elena Testa, le quali hanno ricercato tutti i film riguardanti le vacanze nella regione ligure tra gli anni Cinquanta e Ottanta del Novecento per un totale di 232 film. Questi appartengono a 87 fondi, provenienti da 7 raccolte in altrettanti comunità (Aosta, Biella, Cuneo, Ivrea, Pino Torinese, Torino, e dalla comunità ebraica italiana). I film sono stati organizzati secondo i seguenti criteri: raccolta di appartenenza, fondo, titolo originale, anno di produzione (quando presente), durata, formato, colore, sinossi e toponimi (quando presenti o riconosciuti).

La seconda fase si è divisa in due ricerche parallele: una sui proprietari dei singoli fondi, atta a comprendere la loro provenienza geografica e la loro occupazione, e l’altra sui singoli film per cercare di identificare i toponimi quando assenti. Il primo risultato ha fornito una catalogazione di tutti i cineamatori di cui si avessero informazioni (35). Come prevedibile, la maggior parte consisteva in residenti delle province in cui è stata avviata la raccolta (Torino, Biella, e Cuneo), tranne due casi di residenti a Milano e provincia. In riferimento alla classe sociale, 7 (20%) rientravano nella classe medio-alta (dirigenti, imprenditori, medici, professori universitari), 20 (57,14%) nella classe media (impiegati, dipendenti pubblici, liberi professionisti), 3 erano operai (8,57%), mentre di 5 (14,29%) non si è potuto definire il reddito familiare. Da questi dati emerge la prevalenza di esponenti del ceto medio tra i cineamatori presi in esame, con una significativa presenza di membri del ceto medio-alto e una quasi assenza di appartenenti al ceto medio-basso.

La seconda traiettoria si è indirizzata nell’elaborare un foglio elettronico nel quale inserire ogni film in base alla località in cui è ambientato, in ordine cronologico, col fine di esplorare le mete turistiche dei cineamatori durante la loro produzione filmica.

Come risultato, le località che presentano un maggior numero di cineamatori sono Sanremo per la Riviera dei Fiori (12 famiglie, di cui 2 ricorrenti); Alassio (11 famiglie, di cui 3 ricorrenti), Loano (4 famiglie, di cui 1 ricorrente), Finale Ligure (8 famiglie, di cui 4 ricorrenti) e Noli (10 famiglie, di cui 1 ricorrente) per la Riviera delle Palme; Genova (10 famiglie), Rapallo (12 famiglie, di cui 2 ricorrenti) e Chiavari (5 famiglie, di cui 1 ricorrente) per il genovese; Portovenere (6 famiglie) per la provincia della Spezia. Da questi dati si possono osservare come alcune località abbiano accolto i cineamatori solo un anno, come Portovenere o Sanremo, mentre altre sono state la sede delle vacanze di una famiglia per un’ampia e decennale finestra temporale, come Noli, Albissola, Celle Ligure, o Alassio. Nel primo caso, si può osservare la molteplicità degli sguardi nel raccontare la stessa località, per il secondo gruppo si può studiare l’evoluzione della pratica turistica e della rappresentazione del territorio da parte di una stessa famiglia nel corso del tempo.

La terza fase ha avuto come oggetto l’analisi visuale di ogni film (Rose, 2012). Sono stati selezionati i sintagmi in cui è emerso il fenomeno della cementificazione della costa in primo piano, oppure nel sottotesto filmico. Nello specifico, sono state privilegiate:

Le

panoramiche in cui il cineamatore ha ripreso la numerosa presenza di condomini sulla costa come parte del paesaggio marino (Fig.

1

);

la non intenzionale presenza di edifici e strutture sullo sfondo di eventi

focus

delle riprese

(Fig.

2

);

inquadrature della famiglia in posa nel primo piano, ma con il fenomeno della cementificazione sullo sfondo (Fig.

3

);

inquadrature di edifici e costruzioni sulla costa in cui il cineamatore si sofferma intenzionalmente durante montaggi panoramici di un paesaggio (Fig.

4

)

;

sequenze dedicate al fenomeno, in cui è presente un montaggio di inquadrature raffiguranti edifici e condomini sulla costa ligure.

Sono emersi 53 film (23%) dove il fenomeno della cementificazione della costa è stato ripreso. I decenni più rappresentati sono gli anni Sessanta e gli anni Settanta, rispettivamente con 22 (42,5%) e 17 (32%) film. Geograficamente si distribuiscono in maniera eterogenea su tutto il territorio ligure, con una maggior prevalenza nella Riviera di Ponente, dove si concentrano le località in cui la cementificazione è maggiormente rappresentata: Noli (7, 13,2%), Sanremo (6, 11,3%), Finale Ligure (5, 9,4%).

 

Figura 1: Paesaggio di Borghetto Santo Spirito in cui emerge il fenomeno della cementificazione.
Figura 2: Gara di nuoto, in secondo piano la cementificazione.
Fonte: Balzaretti 23; Rossetti 01. CIAN. [n.d. e 22:03]

Figura 3: Chi filma il paesaggio marino e chi filma la cementificazione a Sanremo.
Figura 4: Moneglia.
Fonte: Vitale 24; Boggio G. 03. CIAN. [00:39 e 09:29]

 

4.2. Vacanze a Riva Trigoso e Rapallo (1956-1957)

 

Come esempio di analisi di un film di famiglia attraverso la lente della geografia storica del turismo, è stato selezionato Balzaretti n. 16 del fondo di Camillo Balzaretti,6 nato nel 1898, residente a Milano e ingegnere dipendente della EDISON Volta. Il film, intitolato “1956-1960: vacanze al mare in Liguria; Milano; gita a Chioggia”, presenta Riva Trigoso e Rapallo tra il 1956 e il 1957, aree che hanno subito una forte cementificazione causata della domanda di seconde case proprio in quegli anni, tale da coniare il termine “rapallizzazione.

Balzaretti 16 si apre con una didascalia scritta a mano dal cineamatore. Come per tutta la sua produzione filmica, struttura le sequenze in capitoli numerati a cui aggiunge la data e il luogo in cui sono state girate. Questo elemento fa subito emergere la personalità del cineamatore, il quale organizza il testo filmico con la precisione e l’attenzione con cui pianifica inquadrature e scene.

Nella scena successiva inquadra la moglie e il figlio Sandro in posa nella piazza di Riva Trigoso. Successivamente, la famiglia si sposta verso la spiaggia seguendo Via Benedetto Brin e Via Cristoforo Colombo7. Dapprima Balzaretti si sofferma sulla famiglia, in seguito viene catturato dall’imponente presenza del cantiere navale di Riva Trigoso (00:48). L’inquadratura successiva inizia dallo stesso soggetto, per poi muoversi verso la spiaggia con una panoramica orizzontale (Fig. 5) (00:54-01:07). Vi si trattiene per diversi secondi, dopodiché stacca sul cantiere, vero focus della sua attenzione. Un’ultima inquadratura raffigura il cineamatore salutare in camera. Il suo occhio, come quello meccanico, vi ritorna e vi si sofferma, evidenziando attraverso i movimenti di macchina il forte contrasto dato dalla vicinanza tra una spiaggia turistica affollata e un cantiere navale a pochi metri da essa.

 

Figura 5: Panoramica orizzontale dai cantieri navali alla spiaggia. Riva Trigoso.
Fonte: Balzaretti 16. CIAN. [00:55 e 01:03].

Una seconda didascalia introduce il nuovo capitolo, intitolato “Luisa a Rapallo” e datato “4 agosto 1957” (01:17). Si apre con diverse inquadrature della famiglia Balzaretti, per poi passare al castello di Rapallo osservato dai Giardini Ezra Pound. È domenica, e la famiglia si reca presso la Chiesa di San Francesco, distinguibile per la facciata a linee orizzontali. In seguito, ritornano alla Spiaggia delle Nagge (Fig. 6a) (01:55). Dopo altre scene dedicate alla famiglia si introduce il terzo capitolo: “Gina e amiche a Rapallo, 25 agosto 1957. In questa sequenza, la moglie con le amiche e il figlio si dirigono da Rapallo verso Zoagli. A metà strada si fermano ad osservare la galleria stradale della SS1 in Via Castellaro8. Qui, il cineamatore decide di immortale il momento nel suo film amatoriale (Fig. 6b) (02:27). Poco dopo, un panorama peculiare attira lo sguardo dell’ingegnere: non la bellezza naturale della costa ligure, bensì Zoagli con la sua imponente massa di cemento formata da condomini recentemente costruiti e dalla ferrovia che ne taglia il profilo. Il cineamatore si sofferma per diversi secondi su questo paesaggio, selezionando gli elementi di maggior interesse, come la ferrovia o gli edifici più vicini, attraverso movimenti di camera quali panoramiche e zoom (03:02). Insoddisfatto, modifica la posizione della cinepresa alla ricerca di un’inquadratura migliore. Infine, la fascinazione per quella veduta è tale da chiedere alla moglie di mettersi in posa di fronte ad essa (03:13) (Fig. 7). Così facendo, esplicita la sua percezione di elemento esteticamente bello e non solo descrittivo di un fenomeno in corso.

 

Figura 6a: Il castello di Rapallo da Spiaggia delle Nagge.
Figura 6b: Gita presso la galleria…
Fonte: Balzaretti 16. CIAN. [01:33 e 02:26].

 

5. Conclusioni

 

Il film di Balzaretti può essere considerato come una testimonianza della pratica turistica in Liguria tra il 1956 e il 1957. Colpiscono i costumi, come la famiglia fruisce il territorio e cosa il cineamatore decide di ricordare dell’esperienza turistica per mezzo della pellicola in 9.5mm. Significativa è l’attenzione dell’ingegner Camillo Balzaretti

verso le correnti icone del progresso: cantieri, infrastrutture ferroviarie, gallerie, il cemento. Balzaretti si sofferma sui condomini che punteggiano la costa, e dedica gran parte del film a un paesaggio che oggi verrebbe nascosto e ignorato: dove oggi si tende a vedere un danno ambientale, il cineamatore vede il progresso. Al punto da scegliere un paesaggio colmo di condomini, e non uno più naturale, come cornice al ritratto della moglie. Si può quindi ipotizzare che il processo di cementificazione in atto non era percepito dal cineamatore come un danno ambientale o una veduta da censurare, bensì con accezione esteticamente positiva.

Risulta inevitabile proporre un parallelismo tra la retorica e l’estetica del cinema tecnico-industriale (Maggioli, 2022) prodotto proprio in quei decenni e il film preso in esame. Come afferma Maggioli, nel processo di territorializzazione nazionale, il cinema d’impresa si è mosso attraverso due traiettorie: da un lato verso la ricomprensione entro i canoni del bello di un elemento originariamente estraneo al paesaggio (viadotti, metanodotti, ecc.), dall’altro verso l’associazione di una “funzionalità” dell’oggetto entro i caratteri identitari del paesaggio italiano. Le icone del progresso su cui si sofferma insistentemente la macchina da presa di Balzaretti, dal cinema industriale sono stati «ricompresi negli elementi iconici di un nuovo paesaggio in costruzione ed è non solo intrinsecamente “bello”, perché esito di un processo storicamente consolidato di culturizzazione del territorio, ma perché coniuga vocazione naturale e funzionalità tecnologica» (Maggioli, 2022, pg. 131).

La testimonianza data dal film del cineamatore Camillo Balzaretti, non rivela quindi solo una trasformazione territoriale in atto, o le pratiche e i costumi del tempo, ma fa emergere la sensibilità estetica e lo sguardo verso il territorio di un comune turista di fine anni Cinquanta forse, in parte, influenzato da un’idea di bello e di moderno veicolata dall’alto. Il film fa emergere inoltre una percezione del territorio e una fruizione dello spazio turistico taken-for-granted (dell’Agnese, 2021), che difficilmente sarebbe affiorata da testimonianze scritte.

Questo contributo, lungi dal voler dare una chiara e solida risposta alle domande poste nel primo paragrafo, si prefigge il compito di introdurre il lettore al dibattito inerente alle possibilità del cinema amatoriale come strumento per la ricerca, ipotizzando come possa rivelarsi un’utile risorsa per la geografia e, nello specifico, per la geografia storica del turismo, condividendo metodologie intraprese e criticità affrontate – in parte ancora sperimentali – verso un oggetto di studio ricco di complessità, e condividendo alcuni risultati preliminari di una ricerca pluriennale ancora in corso.

 

Figura 7: Panorama di Zoagli.
Fonte: Balzaretti 16. CIAN. [02:54 e 03:12].

Bibliografia

 

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Materiali audiovisivi

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Archivio Nazionale Cinema Impresa (1965-1970) “Balzaretti 23, 9.5mm

Archivio Nazionale Cinema Impresa (n.d.) “Rossetti 01, Super 8

Archivio Nazionale Cinema Impresa (1967) “Vitale 24, 8mm

Archivio Nazionale Cinema Impresa (1980-1981) “Boggio G. 03, Super 8

Forgács, P. (1997), “The Maelstrom – A Family Chronicle

 

 

Fondi filmici consultati

Alce Rosso; Anderi; Angela; Antonietto; Balzaretti; Balzaretti/Pezzana; Bertola; Berutti; Bianco; Biarese; Boccadoro; Boggio; Braschi; Brayda; Buffa; Caccia; Caglieris; Cantoni; Caravaglio; Carnevarolo; Cavallo; Ceresole; Ceretti; Cherasco; Chianale; Chiapello; Chiri; Citterio; Curtaz; De Marchi; D'Este; Dezzutto; Di Segni; Disegni; Donna; Duch; Facelli; Fanti; Ferrando; Ferrero; Fiandra; Gambone; Gargiulo; Gavazzi; Giaminardi; Guabello P.; Guandalini; Lava; Levico; Marangoni; Mariani; Masoero; Nano; Nespolo; Norther-Donati; Pantano; Pellegrini; Peyrot; Pezzana; Piasenza; Piombo; Prever; Prola Ga.; Quarello; Rodda; Rossetti; Sabia; Savoretti; Tampone; Tardito; Tori-Ferraris; Tua; Verbishac/Peruzzi; Vergnano; Verona; Violante; Vitale; Vitalino-Campana.


* Pietro Agnoletto, Università degli Studi di Milano-Bicocca, dottorando in URBEUR – Studi Urbani, e-mail: p.agnoletto@campus.unimib.it
Le attività di ricerca che hanno portato al presente contributo sono state svolte nell’ambito del progetto PRIN “Greening the Visual: An Environmental Atlas of Italian Landscapes”, num. prot. 2017 BMTRLC.

Per cinema amatoriale si intende un gruppo definito di film che comprende quelli di famiglia, quelli sperimentali, i diari, o il cinema privato (Odin, 1999). In questo articolo si prenderanno in considerazione unicamente i film di famiglia e, in particolare, il sottogruppo dei film delle vacanze. Si utilizzeranno i termini “cinema amatoriale” e “cinema privato” come sinonimi di film di famiglia.

https://www.liverpool.ac.uk/architecture/research/cava/cityfilm/map.

Il contributo consiste nei risultati preliminari di una ricerca di dottorato in corso.

Per diegetico si intende l'insieme di tutti gli elementi che appartengono alla storia raccontata e al mondo proposto e supposto dalla finzione. Ad esempio, la colonna sonora di un film è extradiegetica, mentre una canzone alla radio ascoltata dal protagonista di un film è un suono intra-diegetico (Hayward, 2018).

Una particolarità del fondo Balzaretti è il fatto che egli ha girato in 9.5mm dal 1929 al 1970. Un caso isolato non solo a Ivrea, ma anche nel resto d’Italia. Le informazioni sul cineamatore derivano da un questionario realizzato dall’archivio al momento della cessione del fondo.

Gli spostamenti della famiglia Balzaretti a Riva Trigoso e a Rapallo sono stati ricavati comparando le inquadrature del cineamatore con le immagini panoramiche estrapolate dal servizio “Google Street View” di Google Maps (Biljecki, Ito, 2021).

La posizione della galleria inquadrata da Balzaretti è stata ricavata ricostruendo con un software GIS il percorso del cineamatore tra Rapallo e Zoagli, utilizzando come riferimento i punti in cui si è potuto trovare una correlazione tra i fotogrammi del film e le immagini ricavate attraverso il servizio “Google Street View”. Allo stesso modo, la meta della gita, Zoagli, è stata ricavata esplorando i paesaggi di località vicine a Rapallo alla ricerca di affinità con quello inquadrato dal cineamatore. Una volta riconosciuta l’area, si è ricercato il punto esatto da cui il cineamatore ha posizionato la macchina da presa.

15 May 2023

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Pietro Agnoletto